sabato 25 maggio 2019

Wonder Woman

Prima supereroina dell'universo DC, Wonder Woman, che sia disegnata da George Perez o da Jim Lee, che sia in carne e ossa con le sembianze di Lynda Carter o quelle di Gal Gadot, è senza dubbio il personaggio femminile dell’immaginario a fumetti più amato, e più facilmente riconoscibile dell’editoria americana.
Il corsetto con i colori della bandiera a stelle e strisce e il fregio dell’aquila stilizzata che ricorda anche due W, la tiara con la stella, i braccialetti che intercettano le pallottole, il Lazo della Verità e l’aereo invisibile formano insieme un quadro memorabile e perfettamente chiaro anche a chi non legge i fumetti.
Tuttavia Diana Prince è molto di più di questo e adesso ci avventureremo con lei in una storia che parla di amazzoni, dèi dell’Olimpo, ambasciate, omicidi, invasioni aliene, e un po’ di bondage, che non fa mai male – a patto di essere tutti d’accordo sulla parola di sicurezza. La mia è “ananas”.
Questa storia comincia a gennaio 1942, con la pubblicazione di All Star Comics n° 8: “In un mondo lacerato dall’odio e dalle guerre degli uomini, appare una donna per la quale i problemi e le ambizioni degli uomini sono solo giochi da bambini”. Con queste parole l’autore che si firma Charles Marston introduce la sua creazione ai lettori: una donna forte, decisa, e superiore alle questioni mondane che possa salvare vite con il buon esempio e soprattutto con l’amore, ma che non disdegni qualche scazzottata ogni tanto, con quelli che proprio non vogliono darle retta, cioè, soprattutto, i nazisti, vista l’epoca. Ai disegni C’è H.G. Peter, un acceso sostenitore dei diritti delle donne come lo era Marston.
Diana, principessa delle amazzoni creata dalla regina Ippolita infondendo la vita in una statua d’argilla per intercessione di Zeus, lascia l’Isola Paradiso – talvolta anche detta Themyscira – dove vivono segregate dal mondo le amazzoni, per riportare al fronte Steve Trevor, pilota Alleato precipitato, e per dare il suo messaggio di pace al Mondo degli Uomini.
 Gli elementi che Marston aveva delineato per il suo personaggio sono già tutti in questa premessa: Wonder Woman è forte quanto gli uomini, ed è questa forza a consentirle di decidere di essere docile, affettuosa e sottomessa, tutte le qualità di una brava moglie. Siamo pur sempre negli anni ’40, e William Moulton Marston è un innovatore e un personaggio trasgressivo, ma non intende certo essere un rivoluzionario: vuole dare un messaggio sottile su come la società potrebbe diventare più egualitaria, ma vuole anche qualcuna in cucina a preparargli un sandwitch. Come psicologo, il professor Marston è noto per aver posto le basi per uno dei primo modelli di autovalutazione della personalità e delle relazioni, il DISC, che classifica il comportamento degli individui in base alla loro capacità di dominare gli altri e le situazioni, o di risultare passivi o sottomessi (…”Ananas!” “Ananas!” Scusate, sto cercando di difendermi da una folla di psicologi inferociti per quanto sto banalizzando la loro disciplina). Soprattutto però ha il merito di aver capito le possibilità del fumetto come mezzo per trasmettere valori positivi ai più giovani.
Come inventore, si deve a lui il poligrafo, cioè la macchina in grado di capire dalla misurazione del polso e della respirazione se una persona stia dicendo la verità o no. Come uomo e marito, Marston rigetta certe convenzioni sociali e vive in una relazione poliamorosa con due donne, è convinto che le dinamiche interpersonali per funzionare abbiano bisogno di un individuo dominante e di uno sottomesso, e ritiene che questo si esprima alla perfezione nella pratica sana e divertente del bondage, che insegna a maschi e femmine, grandi e piccini il piacere della sottomissione come antidoto all’ego distruttivo. In pratica, gli piacciono le persone legate e smascherare chi dice le bugie: ecco perché la sua supereroina è equipaggiata con un Lazo della Verità.
 Dicevamo: Marston ha idee molto chiare sul ruolo e sui diritti della donna nella società, crede che i fumetti diano il buon esempio, e i suoi articoli sul tema vengono notati da Max Charles Gaines, pioniere della stampa a quattro colori ed editore di All American Comics, che gli propone di scrivere un fumetto. il professore è un vulcano di fantasia ma non ha mai scritto niente del genere in vita sua, e quindi al momento di firmare la sua opera si cambia il nome in Charles, per aggiungere al suo lavoro un indizio di come l’editore lo avesse aiutato. Probabilmente, anche le sue due compagne di vita Elizabeth Holloway e Olive Byrnes, che lo sostengono in tutto, hanno avuto qualche ruolo in questa immacolata concezione.
 In particolare, si dice si debba alla Holloway l’idea di una superdonna, quando il primo soggetto a cui aveva pensato Marston era un superuomo pacifista, mentre è meno chiaro se una certa ispirazione nell’aspetto del personaggio sia stata presa o meno dalla Byrnes, un’idea elaborata soprattutto dal recente film sulle loro poco convenzionali vite. (…”Ananas!” “Ananas!” Scusate, sto cercando di difendermi dal fantasma di William Moulton Marston adirato per come ho banalizzato la sua biografia).














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