Prima supereroina dell'universo DC, Wonder Woman, che sia disegnata da George Perez o da Jim Lee, che sia in carne e ossa con le sembianze di Lynda Carter o quelle di Gal Gadot, è
senza dubbio il personaggio femminile dell’immaginario a fumetti più
amato, e più facilmente riconoscibile dell’editoria americana.
Il
corsetto con i colori della bandiera a stelle e strisce e il fregio
dell’aquila stilizzata che ricorda anche due W, la tiara con la stella, i
braccialetti che intercettano le pallottole, il Lazo della Verità e l’aereo invisibile formano insieme un quadro memorabile e perfettamente chiaro anche a chi non legge i fumetti.
Tuttavia Diana Prince
è molto di più di questo e adesso ci avventureremo con lei in una
storia che parla di amazzoni, dèi dell’Olimpo, ambasciate, omicidi,
invasioni aliene, e un po’ di bondage, che non fa mai male – a patto di
essere tutti d’accordo sulla parola di sicurezza. La mia è “ananas”.
Questa storia comincia a gennaio 1942, con la pubblicazione di All Star Comics n° 8: “In
un mondo lacerato dall’odio e dalle guerre degli uomini, appare una
donna per la quale i problemi e le ambizioni degli uomini sono solo
giochi da bambini”. Con queste parole l’autore che si firma Charles Marston
introduce la sua creazione ai lettori: una donna forte, decisa, e
superiore alle questioni mondane che possa salvare vite con il buon
esempio e soprattutto con l’amore, ma che non disdegni qualche
scazzottata ogni tanto, con quelli che proprio non vogliono darle retta,
cioè, soprattutto, i nazisti, vista l’epoca. Ai disegni C’è H.G. Peter, un acceso sostenitore dei diritti delle donne come lo era Marston.
Diana,
principessa delle amazzoni creata dalla regina Ippolita infondendo la
vita in una statua d’argilla per intercessione di Zeus, lascia l’Isola
Paradiso – talvolta anche detta Themyscira – dove vivono segregate dal mondo le amazzoni, per riportare al fronte Steve Trevor, pilota Alleato precipitato, e per dare il suo messaggio di pace al Mondo degli Uomini.
Gli elementi che Marston aveva delineato per il suo personaggio sono già tutti in questa premessa: Wonder Woman
è forte quanto gli uomini, ed è questa forza a consentirle di decidere
di essere docile, affettuosa e sottomessa, tutte le qualità di una brava
moglie. Siamo pur sempre negli anni ’40, e William Moulton Marston
è un innovatore e un personaggio trasgressivo, ma non intende certo
essere un rivoluzionario: vuole dare un messaggio sottile su come la
società potrebbe diventare più egualitaria, ma vuole anche qualcuna in
cucina a preparargli un sandwitch. Come psicologo, il professor Marston è noto per aver posto le basi per uno dei primo modelli di autovalutazione della personalità e delle relazioni, il DISC,
che classifica il comportamento degli individui in base alla loro
capacità di dominare gli altri e le situazioni, o di risultare passivi o
sottomessi (…”Ananas!” “Ananas!” Scusate, sto cercando di difendermi da
una folla di psicologi inferociti per quanto sto banalizzando la loro
disciplina). Soprattutto però ha il merito di aver capito le possibilità
del fumetto come mezzo per trasmettere valori positivi ai più giovani.
Come inventore, si deve a lui il poligrafo,
cioè la macchina in grado di capire dalla misurazione del polso e della
respirazione se una persona stia dicendo la verità o no. Come uomo e
marito, Marston rigetta certe convenzioni sociali e vive in una
relazione poliamorosa con due donne, è convinto che le dinamiche
interpersonali per funzionare abbiano bisogno di un individuo dominante e
di uno sottomesso, e ritiene che questo si esprima alla perfezione
nella pratica sana e divertente del bondage, che insegna a maschi e
femmine, grandi e piccini il piacere della sottomissione come antidoto
all’ego distruttivo. In pratica, gli piacciono le persone legate e
smascherare chi dice le bugie: ecco perché la sua supereroina è
equipaggiata con un Lazo della Verità.
Dicevamo: Marston
ha idee molto chiare sul ruolo e sui diritti della donna nella società,
crede che i fumetti diano il buon esempio, e i suoi articoli sul tema
vengono notati da Max Charles Gaines, pioniere della stampa a quattro colori ed editore di All American Comics,
che gli propone di scrivere un fumetto. il professore è un vulcano di
fantasia ma non ha mai scritto niente del genere in vita sua, e quindi
al momento di firmare la sua opera si cambia il nome in Charles, per
aggiungere al suo lavoro un indizio di come l’editore lo avesse aiutato.
Probabilmente, anche le sue due compagne di vita Elizabeth Holloway e Olive Byrnes, che lo sostengono in tutto, hanno avuto qualche ruolo in questa immacolata concezione.
In particolare, si dice si debba alla Holloway l’idea di una superdonna, quando il primo soggetto a cui aveva pensato Marston
era un superuomo pacifista, mentre è meno chiaro se una certa
ispirazione nell’aspetto del personaggio sia stata presa o meno dalla
Byrnes, un’idea elaborata soprattutto dal recente film sulle loro poco
convenzionali vite. (…”Ananas!” “Ananas!” Scusate, sto cercando di
difendermi dal fantasma di William Moulton Marston adirato per come ho banalizzato la sua biografia).
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